Pinacoteca Civica e casa-museo "Vincenzo Bindi"

Descrizione

Pinacoteca civica

Dove

Indirizzo: Corso Giuseppe Garibaldi, 14 Giulianova

Modalità di Accesso

Corso Giuseppe Garibaldi 14

Ulteriori informazioni

Pinacoteca Civica e casa-museo "Vincenzo Bindi" 

“La collezione io l’ho destinata alla mia dilettissima Patria: Giulianova. Ho mirato così facendo, ad assicurare anzitutto la conservazione della parte del mio patrimonio che mi è più cara, sia per le cure ed i sacrifici che mi è costato di raccoglierla, sia per il conforto, che, in mezzo ad essa, ho trovato nelle moltissimi tristi contingenze della mia vita...”.


Così Vincenzo Bindi (Giulianova 1852 - Napoli 1928) parla del lascito da lui fatto a favore del Comune di Giulianova, consistente nel bel palazzo di famiglia che si trova lungo corso Garibaldi, nella parte alta della città, nella biblioteca personale ricca di oltre 5.000 volumi e soprattutto nella pregevole raccolta di circa 400 opere di pittura, la maggior parte delle quali collezionata grazie al suo matrimonio con la figlia del noto pittore Gonsalvo Carelli (1818-1900) esponente di spicco della pittura napoletana dell’Ottocento.
La Pinacoteca, autentica casa museo, origine e cuore del Polo Museale Civico, è ospitata nel secondo piano di Palazzo Bindi mentre il primo è riservato alla civica biblioteca, anch’essa originata dal lascito del mecenate giuliese.  Il vero viaggio nel dono di Bindi inizia al secondo piano, dove nella prima delle sei sale si viene accolti dall’interessante disegno autografo di Vincenzo Camuccini (1771-1844) con la scena mitologica dove Focione ricusa i doni di Alessandro, una tela rappresentante una Testa di donna attribuita a Jusepe de Ribera (1588-1652) ed anche, allo stesso attribuito, un notevolissimo disegno, restituito, però nel 1989, dal Bologna a Domenico Mondo (1723-1806): si tratta di una idea per un Compianto sul Cristo deposto dalla croce, di cui non si conosce la realizzazione pittorica.
Ma oltre alle opere per lo più attribuite a Pompeo Batoni (1708-1787), a Salvator Rosa (1615-1673), a Bernardo Cavallino (1616-1656) e a Bartolomeo Passante (1618-1648), per citare solo i più importanti, è il caso di soffermarsi sull’opera che più di altre costituisce, per quanto concerne la pittura del Sei-Settecento, il pezzo forte della raccolta bindiana: è un disegno autografo di Francesco Solimena (1657-1747) raffigurante l’Incoronazione della Vergine e Santi. Solo di recente sono stati diffusi i risultati di uno studio del celebre storico dell’arte Ferdinando Bologna, il quale afferma che il disegno in questione altro non è che quello preparatorio (e ciò è dimostrato dalla quadrettatura apposta sul disegno) della grande pala dipinta nel 1741 dall’ottantaquattrenne artista avellinese per l’altare maggiore della chiesa reale di Sant’Ildefonso a La Granja presso Segovia. Le altre cinque sale di palazzo Bindi raccolgono centinaia di opere di pittori, sia abruzzesi sia partenopei, che fecero parte della cosiddetta “Scuola di Posillipo”. Si tratta essenzialmente di artisti dell’Ottocento che tradussero nella rappresentazione pittorica scorci della città di Napoli e dintorni e delle suggestive zone della costiera amalfitana. Paesaggistici ed accademici - a detta di alcuni critici - divenuti anche cattedratici, che ben presto furono capaci di dar vita ad una vera e propria corrente artistica ancorata, nella sua ragion d’essere, alla tradizione del “vedutismo” affermatasi nella storia della pittura napoletana dal Seicento in poi.
Tutti gli artisti che fecero parte della scuola ebbero l’intima ispirazione di ritrarre il paesaggio en plein air considerandolo nella sua accezione più ampia non come mero naturalismo, ma piuttosto come forma e contenuto dell’esistente che contempla l’uomo: il suo abitare nel paesaggio e contestualmente il suo viverlo, il suo goderne.
È con questo presupposto che occorre guardare le opere che hanno come caposcuola Anton Smink van Pitloo (Arnhem 1791 - Napoli 1837) che fu senz’altro colui che avviò la scuola e influenzò, mediante l’insegnamento, artisti presenti nella raccolta, come Giacinto Gigante, Gonsalvo Carelli, del quale oltre gli innumerevoli paesaggi si segnala l’interessante “Ruderi con affreschi”, e gli stranieri Jakob Philip Hackert e Horace Vernet.
Nutrito appare nella collezione bindiana il numero di artisti abruzzesi come Pasquale Celommi, Filippo Palizzi, Nicola Palizzi, Teofilo Patini, Raffaello Pagliaccetti, Gennaro Della Monica e Valerio Laccetti.

Da non trascurare infine gli originali arredi d’epoca, in parte fatti realizzare dal Bindi che ne ha fornito i modelli per gli intarsi, e la pregiata collezione di ceramiche e porcellane savonesi, castellane, di Capodimonte e Ginori, dal Settecento ai primi del Novecento.

Ultimo aggiornamento

Ven 16 Maggio, 2025 12:42 pm

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