Indirizzo: Piazza Bruno Buozzi, 64021 Giulianova (TE)
Modalità di Accesso
Piazza Bruno Buozzi, 64021 Giulianova (TE)
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L’imponente Duomo di San Flaviano, realizzato a partire dal 1472 e originariamente chiamato S. Maria in piazza, è tra i più interessanti e singolari monumenti dell’Abruzzo.
Ci troviamo infatti al cospetto di un organismo edilizio ad impianto ottagonale, che risente del Rinascimento toscano ma anche dalle esperienze lombarde ed umbre, perfettamente uniforme ed accurato in ogni parte. La militaresca solidità della costruzione, frutto di una scelta intenzionale nel solco del pragmatismo quattrocentesco, viene accentuata, oltre che dalle poderose mura spesse oltre due metri e da lesene di rinforzo angolari, dal giro di beccatelli e caditoie che corona i lati, come negli apparati a sporgere delle contemporanee fortezze ideate a scopo difensivo. Una tipologia architettonica che, sebbene rintracciabile in alcune località della regione, tuttavia rende la chiesa di S. Flaviano, per imponenza, il primo esempio del genere nell’Abruzzo adriatico e, come tale, un vero e proprio esperimento progettuale.
Oltre all’impianto ottagonale, con tutte le implicazioni di simbolismo mistico ad esso ricollegabili, l’altro e più importante elemento di originalità della chiesa è costituito dalla elegante ed audacissima cupola a calotta semisferica, che precede cronologicamente quella di S. Pietro. La cupola, poggiante su un tamburo pure ottagonale alto circa due metri con una finestrella ad ogni lato e concluso da una cornice dentellata, presenta, internamente ed esternamente, due aspetti differenti. L’emisfero interno, tangente ai lati, è raccordato con l’ottagono mediante pennacchi sferici; il mantello esteriore, invece, è una superficie generata da una curva composta da due archi di raggio differente, raccordata in modo da apparire slanciata in forma di cono fino alla piccola lanterna ottagonale.
Nell’assenza, all’epoca e per molto tempo ancora, di altre eminenze edilizie, la presenza di questa ardita cupola svettante sull’orizzonte oltre le mura fungeva da punto di riferimento e di richiamo per il territorio circostante: lo confermerebbe l’originario rivestimento costituito, secondo l’opinione di alcuni studiosi tra i quali Vincenzo Bindi, ma ancora senza prove, da mattonelle smaltate d’azzurro, con voluto effetto rifrangente. Il deterioramento del materiale è alla base della sostituzione, avvenuta in tempi risalenti, con laterizi grezzi di terracotta ad embrice semicircolare, la cui forma si ritiene riproduca quella antica.
La saldatura agli edifici meridionali dell’edificio venne realizzata tra la fine del ‘500 e il primo ‘600, come lasciano pensare, oltre alla mancanza di continuità nelle linee architettoniche di collegamento, il diverso spessore delle murature e la differente fattura che esiste tra le cortine del tempio, della sacrestia e del contiguo fabbricato. Ma in origine l’ottagono della chiesa di San Flaviano dovette essere completamente libero da ogni lato, fronteggiando, su quella che oggi è la piazza Buozzi, il palazzo dei duchi Acquaviva, a sottolineare i due poteri sulla città: quello spirituale e l’altro civile.
Al di sotto della chiesa si apre la cripta con bella e caratteristica volta ad ombrello nascente dalle arcate che, su pilastri, separano la parte centrale da un ambulacro circolare perimetrale, recante resti di affreschi. Sulle pareti accanto all’ingresso sono ancora presenti due affreschi seicenteschi con la Natività e il Battesimo di Cristo. Quest’ultimo copre in parte un affresco di fine Quattrocento con un angelo riferibile ai modi della bottega di Carlo Crivelli. È qui che, essendo il Duomo ancora non ultimato, nel 1478 vennero trasportate e quindi a lungo conservate le spoglie del Patriarca di Costantinopoli, San Flaviano, cui la chiesa venne successivamente dedicata. Con il completamento dell’edificio, la cripta venne quindi utilizzata per le funzioni meno solenni e il sottosuolo per la sepoltura dei cittadini più abbienti e dei membri della confraternita del Rosario che ebbe qui sede dalla seconda metà del ‘500.
Gli interventi di restauro del 1926 come quelli avviati a partire dal 1948 sotto la direzione dall’architetto Arnaldo Foschini, entrambi imposti dalle precarie condizioni statiche della struttura ma anche dai problemi legati alla persistente infiltrazione delle acque piovane, eliminando le decorazioni barocche hanno restituito gli interni a quella sobrietà propria dei canoni architettonici quattrocenteschi: tuttavia sono andati perduti malauguratamente anche alcuni elementi di arredo cinque e seicenteschi. Oggi al visitatore la chiesa si mostra pertanto nella sua nuda spazialità, appena movimentata da semplici e poco profonde nicchie ricavate nei sei lati dell’ottagono, mentre di fronte all’ingresso è l’altare, collocato sotto l’alta arcata del presbiterio.
Il Duomo custodisce inoltre il Tesoro della Collegiata (protetti altrove per ragioni di sicurezza): opere d'arte che vanno dalla grande stagione dell’oreficeria teramana del Trecento, passando al Rinascimento con il reliquiario di San Flaviano, donato dal duca Andrea Matteo Acquaviva d’Aragona e da Isabella Piccolomini, fino alle preziose suppellettili dell’argenteria napoletana del Settecento. All’altare sinistro molto pregevole è infatti il marmo Madonna col Bambino di Venanzo Crocetti; sempre del Crocetti, ma sull’altare maggiore, è il grande Crocifisso bronzeo, realizzato nel 1959. A destra dell’altare maggiore è il battistero in travertino istoriato, con Angeli volanti nella conca e, in bronzo, il Battesimo di Gesù, dello scultore di Palestrina Francesco Coccia. Subito dopo, da notare l’altare in pietra di Trani sormontato da un magnifico gruppo in bronzo di tre figure (Crocifisso, la Vergine e San Flaviano), realizzato sempre dal Coccia nel 1951. Presso l’altare di destra è collocata l’immagine di san Flaviano, scultura lignea policromata del XVII secolo.